Commento Maurizio Cucchi

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La realtà sembra farsi d’improvviso netta, geometrica, scandita dal segno esatto d’innumerevoli ramificazioni. Ma questi percorsi, così articolati e in fin dei conti nitidissimi, sono quasi invariabilmente asciutti, spogli, ciechi come misteriose sihouettes vegetali che accompagnano il gioco, il racconto ambiguo, il piatto eppure surreale intrecciarsi d’immagini in superfici cromatiche indefinibili. La vita vi appare scarsa come una foglia, o come un movimento di proiezioni spettrali, pur nell’evidenza squillante dei colori.

L’artista introduce sulla scena delicate figure umane senza fisionomia, in osservazione o attesa, in una realtà che sposta sullo sfondo, tenuta dunque a prudenziale distanza, una dimensione urbana solo accesa da luci notturne. Ed è come se la narrazione d’insieme delle varie tavole fosse sospesa, galleggiante tra ombre e fantasmi di un raffinato meccanismo psichico, dove si sovrappongono le pedine, i passaggi a vuoto e l’azzardo quasi infantile e ironico di una strana partita.

Poi, però, interviene anche qualcosa d’incombente, di minaccioso o sinistro, sempre in agguato, come quella figura cupa e infagottata, che se ne va di spalle da un parco o da un giardino, carica di qualcosa, reggendo neri sacchi, come in un racconto fiabesco, dove tensioni simili all’incubo vengono sempre a increspare o a fendere verticalmente la quieta, calda e colorata natura elementare del reale, dell’umana nostra esperienza.

Galleria Previtali – Milano – Ottobre 2016 Maurizio Cucchi