Commento Beatrice Cordaro

Quando giochi di colore e contrasti danno vita a forme originali e Pop: la capacità di Carlo Alberto Pacifici nel reinventare i soggetti attraverso il risalto.

La percezione visiva svolge un ruolo fondamentale nell’osservare un’opera d’arte nella sua totalità. A tal proposito, sono molteplici i fenomeni percettivi che possono verificarsi, e analogamente sono molteplici le teorie avanzate a riguardo.
Quando guardiamo un’opera d’arte di norma veniamo colpiti da una serie di fattori: il soggetto, i colori che si accostano al nostro gusto personale e l’esperienza emotiva che quella determinata opera ci fa vivere. Inoltre, in maniera inconsapevole, un’opera d’arte attira la nostra attenzione se essa non ci provoca alcun disturbo o ancor di più se forme e colori ci agevolano nel cogliere immediatamente il soggetto.

Quando l’artista si cimenta nella creazione di un’opera non sempre tiene conto di questi aspetti più tecnici, e credo sia anche giusto così dal momento che, verosimilmente, è l’ispirazione che detta il disegno e la composizione del quadro. Purtroppo capita con frequenza di ritrovarsi davanti ad opere d’arte che non solo non esprimono niente, ma al contempo sono difficili da guardare a lungo, e conseguenza di alcuni disturbi percettivi può essere un senso di malessere generale che pervade l’osservatore e che lo porta al rifiuto di quell’opera, giudicandola negativamente.

Sulla base di questa premessa teorica voglio puntare il focus sulle opere di Alberto Pacifici, che mediante l’applicazione del fenomeno del risalto e mediante l’accostamento di tonalità neutre con colori vivaci, crea delle opere originali e accattivanti, evitando inoltre il verificarsi di fattori di disturbo della vista e agevolando, forse in maniera casuale, l’occhio degli osservatori.

Carlo Alberto Pacifici nasce nel 1958 a Milano, la sua carriera pittorica è stata votata ad una continua ricerca e sperimentazione tecnica, ma allo stesso tempo è stata connotata da un abbandono dettato da cause di forza maggiore, che lo hanno tenuto lontano dai pennelli.
Si potrebbe dire che la carriera di Carlo Alberto sia caratterizzata da fasi che lo hanno visto pian piano crescere e maturare. Nel 1982 il pittore inizia a cimentarci nella pittura in maniera autodidatta, utilizzando prevalentemente l’acquerello. Successivamente la sua sperimentazione vide come protagonista il colore ad olio, utilizzato per la realizzazione di opere che riproducevano quelle dei grandi maestri come Cezanne, Van Gogh, Gauguin e Monet. Fino a circa il 2006 la sua carriera artistica rimane attiva, periodo in cui inizia tra l’altro la sperimentazione di una tecnica a macchie. Gli anni seguenti vedono il suo allontanamento dal mondo artistico per poi ritornare ad operare a partire dal 2013.
Nel 2013 ritorna nel mondo dell’arte in vesti del tutto nuove: stavolta non è più il colore ad olio ad essere impiegato, né tantomeno i soggetti sono figurativi, ma una tecnica polimaterica con la quale origina forme astratte. Il 2014 è l’anno della ripresa della tecnica a macchie, poi nuovamente interrotta poiché catturato dagli acrilici figurativi che reinventa a suo modo e nei quali getta all’interno tutta la libertà di espressione e immaginazione di cui è in possesso.

Come si può vedere, allora, Carlo Alberto sperimenta ogni tipologia di colore, di forma, di tecnica, per arrivare a quella che oggi contraddistingue le sue opere d’arte.
Se osserviamo le sue tele, vediamo che i soggetti sono posti in una via di mezzo tra l’astratto e il figurativo: sembrano quasi delle forme oniriche, miopi, che nel loro essere sulla via dell’evanescenza sono nonostante tutto facili da cogliere. Questa facilità nel poter cogliere i soggetti senza ricadere in disturbi ottici è data dall’utilizzo del colore. Nelle opere di Carlo Alberto, infatti, vi è un continuo gioco teso alla contrapposizione di colori neutri (grigio, nero, bianco) e di colori estremamente energici, che mettono in evidenza importanti dettagli ai fini di una comprensione totale dell’opera.

Questo contrasto tra colori neutri e colori vivaci è evidentemente dettato dal desiderio dell’artista di guidarci all’interno della tela, come se volesse dirci su quale elemento dobbiamo focalizzarci.
Nell’opera Jazz, ad esempio, la tela è riempita da una schiera di musicisti rappresentati per mezzo dell’accostamento di tonalità che vanno dal celeste al grigio, mediante i quali l’artista illumina le sagome come se il colore divenisse un forte fascio di luce proveniente da fari, e che si stagliano su uno sfondo ora blu scuro, ora grigio antracite e nel quale macchie viola appaiono in ordine sparso.

Ciò che però spicca intenzionalmente all’interno di questo contesto statico, sono alcuni dettagli messi sapientemente in risalto dall’artista. Carlo Alberto illumina e movimenta ancora di più la scena inserendo tre cappellini di un rosso vivo sul capo di tre musicisti e mettendo in risalto, per mezzo di un giallo vivace, il contrabbasso del musicista più esterno alla tela.
A conti fatti, ciò che subito colpisce il pubblico sono questi dettagli cromaticamente puri, che guidano gradualmente nell’osservazione del restante complesso figurativo.

Analogamente ciò accade in Pioggia: la rappresentazione di una porzione di strada durante una giornata fortemente piovosa si condensa nell’utilizzo prevalente del grigio, che viene interrotto dall’inserimento di un soggetto viola intenso, che emerge all’interno di questa successione di colori spenti e freddi. Il medesimo colore è stato impiegato per la porzione superiore della tela, dalla quale sembra avviarsi la cascata di pioggia.
Pacifici sembra voler rappresentare la solitudine dell’uomo e mediante il risalto cromatico isola un solo soggetto rispetto agli altri che lo circondano.

La tecnica di Carlo Alberto è sicuramente originale, attraverso il suo stile tendenzialmente pop ed estremamente contemporaneo, riesce a coniugare innovazione stilistica e messaggio da veicolare. Non rinuncia, non si impone scelte: con i suoi soggetti sintetici è capace di condensare significati simbolici di notevole importanza.

Dott.ssa Beatrice Cordaro